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“Dormire il sonno degli dei”

Dormire il sonno degli dei

 

Foto Nicola Incampo 1Un giorno scrissi alla lavagna: “Dormire il sonno degli dei”.

Dopo aver notato la meraviglia e lo stupore dei ragazzi, dissi: “Ora vi leggerò una poesia di Callimaco di Taranto.

Callimaco era Figlio di Batto e Mesatma e apparteneva alla dinastia dei Battiadi, il cui capostipite era Batto I, fondatore della città, del quale il padre portava il nome.

Trascorsi i primi anni nella terra nativa, Cirene, fu costretto a recarsi in Egitto, ad Alessandria, dove fu prima allievo di Ermocrate di Iaso, per poi assumere l'incarico di maestro di scuola.

Successivamente, ad Atene fu discepolo del peripatetico Prassifane di Mitilene.

Secondo le fonti Callimaco, scrisse moltissimo, sia in versi sia in prosa, tanto che, secondo la tradizione, avrebbe pubblicato 800 libri.

Contrario alla concezione platonica dell'arte, propone una poesia non didascalica, ma piuttosto orientata al diletto.

Infatti la poesia è arguta, ironica, elegante, con uno stile vivace, conciso ed espressivo.

La poesia è la seguente:

Sone di Dicone il figlio

D’Acanto, il sonno divino dorme;

non dir dei buoni la parola “morto”.

 

È bello rendersi conto come il poeta rifiuta l’idea che un uomo buono possa morire.

Secondo il poeta un uomo nobile e buono non muore.

È vero il contrario invece, cioè che all’empio conviene la morte.

E questa parola non deve essere pronunciata sulla tomba di un uomo che tutti rimpiangono.

Quell’uomo che tutti rimpiangono e che vive ancora nei cuori di che lo ha conosciuto, non è mai morto.

È come se quest’uomo che veramente figlio leale con la madre e col padre, che fu sincero con gli amici e che fu cittadino onesto della città, non può morire.

No, non è morto.

Sicuramente egli dorme il sonno degli dei.

Non c’è dubbio che il suo nome gli dei sussurrano sul respiro d’ogni vento e sulle onde di ogni mare.

Nicola Incampo

Responsabile della Conferenza Episcopale

di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica