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  • Categoria: Attualità
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Il Conclave

Il Conclave

Foto Incampo 3Le porte si chiudono con un suono secco, solenne. È il segnale che il mondo deve aspettare. Dietro quelle porte, nella maestosa Cappella Sistina, ha inizio uno dei momenti più misteriosi e affascinanti della cristianità: il Conclave. È qui, sotto gli sguardi eterni del Giudizio Universale di Michelangelo, che i cardinali elettori — oggi 135 — si riuniscono per eleggere il successore di San Pietro. Uomini che vengono da ogni angolo del mondo, portando con sé culture, lingue, sensibilità diverse. Ma in quel momento, dentro quella sala, sono una sola cosa: la coscienza della Chiesa che sceglie il suo nuovo pastore. Prima di entrare, ogni cardinale pronuncia un giuramento di segretezza assoluta. Non una parola, non un messaggio, non uno sguardo può oltrepassare quelle mura. Il Conclave è isolamento, raccoglimento, discernimento. Nessun telefono, nessun giornale, nessun contatto con il mondo esterno. Per giorni, vivranno nella Domus Sanctae Marthae, spostandosi solo per votare, pregare e riflettere. La parola “conclave” viene dal latino cum clave, “con la chiave”, a indicare proprio questa chiusura ermetica. E non è solo una formalità: è un tempo sospeso, quasi fuori dal tempo, dove la logica della politica e dei media resta fuori. Lì dentro, ci sono solo coscienze, Spirito Santo, e una domanda difficile: chi guiderà ora la Chiesa?  Ogni giorno si tengono fino a quattro votazioni: due al mattino, due al pomeriggio. I cardinali scrivono il nome del prescelto su una scheda, piegandola con cura e portandola all’altare. Lì, la inseriscono in un’urna d’argento. Uno alla volta. In silenzio. Poi, le schede vengono lette ad alta voce. Serve una maggioranza di due terzi per l’elezione. Se il quorum non viene raggiunto, le schede vengono bruciate assieme a una sostanza chimica: dal comignolo sopra la Sistina si alza una fumata nera. Significa che non c’è ancora un Papa. La piazza osserva, trema, prega. Migliaia di occhi scrutano il cielo, cercando nel fumo una risposta. Ma quando la fumata si fa bianca, l’urlo esplode come una marea: Habemus Papam! Anche senza le parole, la gente capisce. Un nuovo Papa è stato eletto. Dentro la Sistina, il cardinale decano si avvicina all’eletto e gli chiede: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?” Se il cardinale accetta, diventa istantaneamente Papa. Poi sceglie il suo nome pontificale — un gesto carico di significato e visione — e viene vestito con i paramenti bianchi. Infine, viene accompagnato nella “Stanza delle lacrime”, una piccola sala accanto alla Sistina. Si chiama così perché, nella storia, molti Papi hanno pianto lì dentro, colpiti dal peso della responsabilità appena ricevuta.  Nel frattempo, sulla loggia della Basilica di San Pietro si prepara la scena. Il cardinale protodiacono si affaccia al balcone e pronuncia la formula attesa in tutto il mondo: “Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam.” “Vi annuncio una grande gioia: abbiamo un Papa.” La folla esplode. Il nuovo Pontefice compare, alza la mano, e pronuncia le sue prime parole. È l’inizio di una nuova storia, di un nuovo cammino. La Chiesa ha ritrovato la sua voce. In un’epoca dominata dalla velocità, dai social e dalle notizie in tempo reale, il Conclave resta un momento di silenzio, profondità e mistero. Un evento che, pur nella sua segretezza, sa ancora parlare al mondo. Non con slogan, ma con simboli. Non con urla, ma con scelta. Non con potere, ma con spirito. E lì, sotto gli affreschi di Michelangelo, forse davvero qualcosa di più grande dell’uomo guida la mano di chi vota.

Nicola Incampo

Responsabile della Conferenza Episcopale

di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica