- Categoria: Attualità
- Scritto da alla redazione
- Visite: 74
Il dopo Papa Francesco
Il dopo Papa Francesco
È ancora buio quando le prime campane cominciano a suonare a morto. A Roma, l’alba si fa attendere, come se anche il sole stesse osservando un momento di raccoglimento. Nella quiete sospesa di piazza San Pietro, pochi passi riecheggiano sul selciato. Qualcuno si inginocchia, altri accendono candele. La notizia è ormai ufficiale: Papa Francesco è morto. La Chiesa è senza guida. Comincia il tempo della sede vacante. Dietro le mura leonine, il Vaticano si muove con la solennità e la precisione che solo secoli di storia possono insegnare. Il primo gesto appartiene al camerlengo, il cardinale Kevin Joseph Farrell. È lui a verificare la morte del Pontefice, a pronunciare le parole rituali e a sigillare l’appartamento papale. L’anello del Pescatore — simbolo del potere spirituale del Papa — viene spezzato, a indicare che l’autorità è tornata nelle mani di Dio. È un gesto antico, ma profondamente umano: anche il Papa, nella sua grandezza, è mortale. Nel cuore del Vaticano, intanto, si prepara la camera ardente. Papa Francesco, come i suoi predecessori, sarà esposto nella Basilica di San Pietro. Nei prossimi giorni, una fiumana di fedeli arriverà da ogni angolo del mondo per dargli l’ultimo saluto. Alcuni pregheranno in silenzio, altri piangeranno. Altri ancora porteranno i propri figli, raccontando loro chi era quell’uomo che parlava di misericordia, che chiedeva di “non dimenticare i poveri” e che sognava una Chiesa vicina alla gente. Mentre il lutto avvolge Roma, un altro meccanismo si mette in moto, più nascosto, ma cruciale: i cardinali si riuniscono nelle cosiddette Congregazioni generali. Sono incontri privati, a porte chiuse, dove si analizza la situazione della Chiesa e si discute del futuro. È un momento di confronto, di ascolto, di discernimento. In quei dialoghi riservati, si cominciano a delineare i contorni del prossimo papato. In parallelo, si organizza il Conclave, che si terrà nella Cappella Sistina. Lì, sotto gli affreschi di Michelangelo, si consumerà uno dei riti più affascinanti della Chiesa cattolica. I cardinali elettori — tutti con meno di 80 anni — entreranno in isolamento, senza contatti con il mondo esterno. Solo loro, le loro preghiere e i loro voti. Due volte al giorno si alzerà una fumata dal comignolo: nera se non c’è ancora una decisione, bianca quando finalmente sarà stato eletto il nuovo Papa. Fino a quel momento, il mondo aspetta. Le televisioni puntano le loro telecamere sulla loggia centrale della Basilica. I giornalisti affollano le sale stampa. Ma dentro le mura vaticane, l’atmosfera resta sospesa, quasi sacra. Ogni passo, ogni sguardo, ogni gesto ha il peso della storia. E poi, un giorno — forse dopo pochi voti, forse dopo molti — si sentirà il suono della campana. Una fumata bianca salirà nel cielo di Roma. La folla esulterà. Un cardinale si affaccerà al balcone e pronuncerà le parole che il mondo attende: “Habemus Papam.” In quel momento, la sede non sarà più vacante. Un nuovo pastore guiderà il popolo di Dio. E nella Città Eterna, le campane suoneranno ancora. Non più a lutto. Ma a festa.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale
di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica